IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile del lavoro
 promossa  da:  E.N.P.A.L.S.  -  Ente  nazionale  per  l'assistenza  e
 previdenza   dei   lavoratori   dello   spettacolo,  in  persona  del
 commissario straordinario pro-tempre, on. Roberto Romei, corrente  in
 Roma,  viale Regina Margherita, 206, rappresentato e difeso dal dott.
 Agela Raimondo e dall'avvocato  Giandomenico  Negretti  del  Foro  di
 Roma,  ed  elettivamente  domiciliato  presso  il  dott. proc. Andrea
 Ostini, in Torino, corso Vittorio Emanuele  II  n.  123,  appellante,
 contro  i  signori:  Salomone  Carlo,  Lano  Maria Maddalena, Baccaro
 Maria, Masuelli Carla, Montarolo  Silvio,  Sicurano  Nanni,  De  Ruvo
 Salvatore,  Gazzera  Giovanni,  Cotto  Luciano,  Carmeli  Ida, Scarpa
 Raffaele, Ducco Pietro, Lovera Anna,  Filippi  Francesco,  Pastorelli
 Aldo,  Voltolina  Renato,  Gavosto  Sergio,  Romano  Emanuele, Stella
 Bianca,  Tona  Giuseppina,  Ronco  Emma,  Rubino  Anna,   Evangelista
 Ariodante,   Fiorina   Rosa,   Marazzi   Luciano,  Maggi  Giuseppina,
 Ghilardini Metella, Cavallo Ines, Jordaney Odilla, Danesin  Arturino,
 Novelli  Renato,  Lamberti  Maddalena,  Tealdi Giovannina, Vichi Ivo,
 Bono  Elda,  Azzolino  Leonardo,  Diamante  Liliana,  Vergeat   Vera,
 Pellecchia  Giovanni,  Gallo  Modesta, Cigala Umberto, Torti Luigina,
 Perillo Michele, Asselle Luciana, Mantovani Giulia, Seminara Luciano,
 Cagliero  Ida,  De Nucci Assunta, Bellardo Edina, Granero Margherita,
 Varca Edmondo, Monetti Giorgina, Scarpa Luciana, Manuzzi Luigi, Beone
 Dario,  Buratti  Laura,  Robazza  Angela,  Bovetti  Alessandra, Mecca
 Giuseppe,  Cassinasco  Mario,   Morello   Anna,   Baroni   Francesco,
 Argentieri  Maria,  Giorsa  Carla,  Bounos Irene, Borghi Aldo, Vecchi
 Vittorio,  Defrassi  Mario,  Barral  Ines,  Messe   Amedeo,   Berrino
 Virginia,  Nicolo'  Maria,  Gili  Margherita, Lombardi Marco, Fontana
 Maria, Vitale Giacomo, Guglielmino Armida, Carignano  Paolo,  Barlati
 Angelo, Pastorino Gabriele, Carignano Piera, Francone Silvio, Reineri
 Santina, Gemignani Giovanni,  Pareti  Ettore,  Cortellazzi  Giuseppe,
 Lumello  Emilia, Montrucchio Olivia, Mordiglia Antonietta, Caracciolo
 Iolanda, Biava Laura, Chiatto Raffaele,  Siviero  Giovanni,  Garofani
 Cecchina,  Bazzano  Luigina, Guidazio Emilia, Biselli Otello, Girardi
 Graziella,  Borla  Giacomo,  Farello  Angela,  Volpe  Bruna,  Ariotto
 Sergio,   Matti  Luciano,  Bianchi  Maria  Giulia,  Bertacca  Lucina,
 Speranza  Grazia,  Carboncini  Antonio,  Alessio  Riccardo,  Canonica
 Angiolina,  Crotta  Adriano,  Gugliardi  Giovanni,  Prat Maria Luisa,
 Goria Violetta, Masi Giuseppe, Nicolo' Francesco, Pasquali Mattutina,
 Rossi  Margherita,  Ferracin  Giovanni,  Garrone  Catterina, Pautassi
 Giovanni, Desana Dante, Tuninetti Giovanni, Trapocin  Giorgio,  Cotto
 Giuliano,  Bina  Armanda,  Bitonti  Maria, Gaidano Pierina, Passuello
 Ottorina, Lardori  Emilia,  Patrucco  Ada,  Garbiglia  Michele,  Levo
 Alfredo,  Gravero  Giovanni, Arduino Agostino, Cassinasco Luigia, Dei
 Cas Renzo, Votterro Wanda, Cossalter Sergio, Nicastro Maria Concetta,
 Gerbino  Giuseppina, Ellena Giuseppe, Ansalone Tommaso, rappresentati
 e difesi per delega in calce del ricorso introduttivo di primo grado,
 valida  anche  per  la fase d'appello, dall'avv. Michele Jacoviello e
 dal dott. proc. Michele Jacoviello, presso lo studio dei  quali  sono
 elettivamente  domiciliati in Torino, via Mercantini n. 6, appellati.
    Osserva  il  collegio  che  la  questione,  costituente  in  thema
 decidendum dell'appello, dell'identificazione della norma applicabile
 ai  pensionati  dell'E.N.P.A.L.S. in ordine ai miglioramenti previsti
 dalla legge 15 aprile 1985, n. 140, fra quella  dettata  dall'art.  5
 (che  attribuisce  degli  aumenti decorrenti dal 1º gennaio 1985 alle
 pensioni non integrate al minimo a carico  dell'a.g.o.  per  l'i.v.s.
 dei lavoratori dipendenti) oppure quella dell'art. 10 (che prevede la
 rivalutazione, con separati provvedimenti, entro il 30  giugno  1985,
 delle  pensioni  a  carico  delle  forme di previdenza sostitutive ed
 esonerative del regime generale dei lavoratori  dipedenti),  delibata
 nei  termini  consentiti  dalla valutazione della costituzionalita' o
 meno delle disposizioni vigeti in tale materia, non sembra poter fare
 astrazione  dal  rilievo  assorbente  del  fatto  che,  per  espressa
 previsione normativa (art. 2, secondo comma, del d.lgs. del C.p.S  16
 luglio  1947,  n.  708, richiamato dall'art. 1 del d.P.R. 31 dicembre
 1971, n. 1420), l'iscrizione all'E.N.P.A.L.S. e' sostitutiva a  tutti
 gli  effetti  dell'a.g.o.  per  l'i.v.s.  di cui al r.d.-l. 14 aprile
 1939,  n.  636,  e  successive  modificazioni,  ponendosi  quindi  in
 alternativa  al  regime  generale,  attraverso  lo schema "disciplina
 generale-deroga" impiegato in questi casi dal legislatore (cfr. Cass.
 13  gennaio  1987,  n.  158, in giust. civ. 1987, I, in particolare a
 pag. 504 e segg., punti 2 e 3 nonche' Cass. 19  giugno  1987,  5399);
 sicche' il richiamo, operato dalla sentenza impugnata, accogliendo le
 difese dei pensionati,  alle  norme  che  disciplinano  l'a.g.o.  per
 l'i.v.s.  di  cui  al  r.d.-l.  4 ottobre 1935, n. 1827, e successive
 modificazioni ed integrazioni (menzionate dallo  stesso  art.  1  del
 citato  d.P.R.  n. 1420/1971), non appare pertinente, dal momento che
 per costante giurisprudenza vengono in considerazione a  questi  fini
 le norme di disciplina sistematica di un istituto di base del sistema
 assicurativo generale (cfr. Cass. 13 gennaio 1987, n. 158, citato  in
 giust.  civ.  1987,  I,  504, punto 1) che non trovino corrispondenza
 esplicita nella normativa particolare del settore previdenziale dello
 spettacolo.  Cio'  posto,  non vi e' spazio alcuno per individuare un
 possibile  ventaglio  di  interpretazioni   equipollenti,   tra   cui
 scegliere,  come  l'unica  scevra  da  dubbi  di incostituzionalita',
 quella fatta  propria  dalla  senteza  appellata  (le  cui  ulteriori
 argomentazioni  non  possono  ritenersi condivisibili, per motivi che
 non e' questa la  sede  opportuna  per  esplicitare),  prospettandosi
 invece,  come  la  sola  corretta,  l'interpretazione  che presuppone
 l'assoggettamento  delle  pensioni  erogate  dall'E.N.P.A.L.S.  delle
 condizioni  stabilite  dall'art.  10 della legge n. 140/1985, e cioe'
 l'adozione per i miglioramenti previsti di separati provvedimenti (da
 emanarsi, sentite le categorie interessate, tenendo conto dei criteri
 previsti in materia dalla specifica normativa  della  gestione),  con
 accollo degli oneri relativi all'ente previdenziale ed alle categorie
 interessate.
    Il  dubbio  di  costituzionalita',  che  appare  rilevante  e  non
 manifestamente infondato,  della  normativa  in  questione,  si  pone
 quindi   non   nella  differenziazione  stabilita  fra  i  pensionati
 dell'I.N.P.S. e quelli dell'E.N.P.A.L.S. che  deriva  necessariamente
 dalla   diversita'  della  disciplina  in  tema  di  contribuzione  e
 liquidazione  delle  prestazioni  (infatti  per  i  lavoratori  dello
 spettacolo  sia le aliquote contributive che gli oneri delle pensioni
 sono rapportati alle corrispondenti misure  previste  per  l'I.N.P.S.
 solo  come  estremi  insuperabili,  entro  i  quali  vi  e'  un'ampia
 possibilita' di oscillazione: cfr. l'art. 2, ultimo comma,  e  l'art.
 12,   del   citato   d.P.R.   n.  1420/1971),  in  conseguenza  delle
 caratteristiche  specifiche  del  lavoro  prestato  (che   comportano
 trattamenti  del tutto particolari per talune categorie: v. gli artt.
 5 e 9 del d.P.R. citato), bensi' nella constatazione che,  avendo  il
 legislatore   stabilito  con  una  norma  (e  non  con  una  semplice
 dichiarazione di intenti) la rivalutazione entro il  30  giugno  1985
 delle pensioni aventi decorrenza anteriore al 1º luglio 1982 erogate,
 fra gli altri  enti,  anche  dall'E.N.P.A.L.S.,  nell'ambito  di  una
 manovra   di   perequazione   della   generalita'   dei   trattamenti
 pensionistici (v. la coeva legge  17  aprile  1985,  n.  141,  per  i
 dipendenti  pubblici), tale disposizione non ha trovato realizzazione
 ne' nel momento in cui interveniva  una  regolamentazione  intesa  ad
 attuare  proprio  la  previsione dell'art. 10 della legge n. 140/1985
 (tramite il d.-l. 31 luglio 1987,  n.  317,  convertita  in  legge  3
 ottobre 1987, n. 398, art. 7 e segg.), ne' successivamente.
    Come  proprio  la Corte costituzionale ha autorevolmente insegnato
 (cfr. la fondamentale sentenza 7 luglio 1986, n. 173), dagli artt. 36
 e  38  della  Costituzione  deriva  una  particolare  protezione  del
 lavoratore, nel senso che il suo trattamento di quiescenza,  al  pari
 della  retribuzione,  deve  essere  proporzionato  alla  quantita'  e
 qualita' del lavoro ed assicurare mezzi  adeguati  alle  esigenze  di
 vita, con la puntualizzazione che la proporzionalita' e l'adeguatezza
 devono sussistere non solo al momento del collocamento a  riposo,  ma
 vanno  costantemente  assicurate  anche nel prosieguo in relazione al
 mutamento del potere di acquisto della moneta.
    Per   l'attuazione   dei   surrichiamati   principi  la  Corte  ha
 riconosciuto  al  legislatore  una  sfera  di  discrezionalita'   nel
 realizzare gradualmente tali precetti.
    La  scelta  relativa  al  tempo  ed  alle  modalita' di attuazione
 compete   al   legislatore,   che   ha   il   potere    di    fissare
 discrezionalmente, ma entro i confini della ragionevolezza, le misure
 ed i limiti anche in maniera differenziata per le diverse  categorie,
 rapportandoli al concreto momento storico ed economico.
    In  particolare,  la  Corte  con  tale  pronuncia  ha  escluso  la
 fondatezza delle prospettate  censure  di  incostituzionalita'  sulla
 considerazione  del  carattere  contingente  e  temporaneo (non oltre
 alcuni  anni)  delle  discipline   piu'   restrittive   che   avevano
 penalizzato alcune categorie di pensionati.
    Tali  affermazioni  sono  state ribadite nell'ordinanza 6-16 marzo
 1989, n. 120, in cui la Corte ha richiamato la  discrezionalita'  del
 legislatore,  ripetendo  che  gli  interveti  per  la  concessione di
 miglioramenti dei trattamenti  pensionistici  si  realizzano  con  la
 gradualita'  imposta  da  scelte  di  politica  sociale ed economica,
 improntate anche alla valutazione delle  necessita'  di  bilancio  ed
 alla   finalita'   di   risanamento  e  ripianamento  delle  gestioni
 previdenziali.
    E'  alla  luce  di  questi rilievi, sicuramente condivisibili, che
 sembra   potersi    fondatamente    dubitare    della    legittimita'
 costituzionale  (per  contrasto  con  gli  artt.  3,  36  e  38 della
 Costituzione) dei citati artt. 7  e  segg.  del  d.-l.  n.  317/1987,
 convertita  in  legge n. 398/1987, laddove introducono una disparita'
 di trattamento apparentemente ingiustificata a danno  dei  pensionati
 dell'E.N.P.A.L.S.  negando  loro un qualsiasi miglioramento (concesso
 con ampio arco di previsione degli importi e  delle  decorrenze  agli
 altri  titolari  di  pensioni ivi considerati, che vanno dalla pura e
 semplice estensione dei benefici dell'art. 5 della legge n.  140/1985
 a  regimi  diversi  e  particolari),  che  siano  dal  1985 era stato
 programmato  entro  breve  termine,   dovendosi   ritenere   che   il
 legislatore,   nell'emanare   tali   disposizioni  mai  abrogate,  ha
 disciplinato  la  propria  discrezionalita'  con  l'indicazione  d'un
 termine   ragionevole  prefissato  ed  adottato  per  assicurare  con
 l'opportuna gradualita' ai pensionati non destinatari di agevolazioni
 immediate la proporzionalita' e l'adeguatezza del loro trattamento di
 quiescenza, in modo da ben  inserire  tale  intervento  nel  contesto
 socioeconomico,  apprezzato  come favorevole alla realizzazione delle
 giuste aspirazioni dei pensionati, laddove il  mantenimento  per  una
 durata  notevole  (un  quinquennio)  della  sperequazione a danno dei
 pensionati dell'E.N.P.A.L.S. appare ormai assurdo  ed  intollerabile,
 com'e'  stato  recepito  sia  in  sede  parlamentare  che  sul  piano
 amministrativo (secondo le allegazioni delle parti in proposito).